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 INDIETRO

Poesie - Nicola GLIOSCA
 

 

POESIE DI UN VECCHIO QUADERNO

di

Nicola GLIOSCA
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Prefazione:

Nicola GLIOSCAQueste poesie sono nate grazie al ritrovamento di un mio vecchio quaderno, nella soffitta della casa di Acquaviva Collecroce .
Sono state ripensate e scritte, tranne la prima, (Mrmarica) tra il mese di ottobre 2003 e il mese di marzo 2004, durante lo svolgimento del master sulle minoranze linguistiche arbëreshe e croate.
Sono il frutto dell’incontro tra vecchie e nuove poesie. Tra vecchie emozioni e nuove sensazioni. Tra realtŕ e fantasia.
Un grazie a tutte le ragazze del master che ne hanno ispirate alcune.In particolare a Gemma Piscicelli che ha collaborato alla loro correzione.
Grazie anche al prof. Walter BREU, che mi ha invogliato a scriverle in “na našu”.
«Na-našu» č l'espressione utilizzata dai parlanti il croato molisano di Acquaviva Collecroce per indicare la propria lingua.

Sono dedicate ad una musa inquietante.

Marzo 2004

l’autore         
Nicola GLIOSCA

Mrmarica
Mrmarica
Do lita,
ka bihu mali,
ta gredahu nakj
saki dan.
Gredahu vazet
tvoju vodu,
lipa friška,
s kvartarom.
Još jim u glavu
kaka murmurijaš
ustri babulji.
Do kada ta ne jiškam več,
si sa hranila.
Jesi još tota,
ustri rokje.
Ja vidim u moru
tvoju vodu
ustri druge
e ta mislim.
In estate,
quando ero bambino,
ti venivo a trovare
ogni giorno.
Venivo a prendere
la tua acqua,
bella fresca,
con il «cicino».
Ancora ho in testa
il tuo mormorio
tra i sassi.
Da quando non ti cerco piů,
ti sei nascosta.
So che sei ancora lě,
tra i rovi.
Nel mare vedo
la tua acqua,
tra le altre
e ti penso.

Jenu ženu
Ad una donna
Hodim sam
na sundzu
a mislim
tvoje oča
teple;
hodim sam
na vitru
a badam
tvoje vlasa
do sfile;
hodim sam
na moru
a čujam
tvoje riče
slake;
dvižam oča
na nebu
a vidim
tvoj lipi
smih.
Tuna sfit
mi govore
do teba.
Cammino solo
nel sole
e penso
ai tuoi occhi
caldi;
cammino solo
nel vento
e sfioro
i tuoi capelli
di seta;
cammino solo
nel mare
e sento
le tue parole
dolci;
alzo gli occhi
al cielo
e vedo
il tuo bel
sorriso.
Tutto il mondo
mi parla
di te.

Renule
Le rondini
Na primaveru,
di moj grad,
saki gošta,
letu
veca mala
renule.
Kana
moje
čeljade.
A primavera,
nel mio paese,
ogni anno
volano
sempre meno
rondini.
Come
la mia
gente.

Oča crne
Occhi neri
Sahatra rana
sa vidija
misačin,
lip kana
na sundza,
umiraša
s danom novime.
Tvoje oča
crne,
dokla,
ničahu
zgora moga
srca,
kana dvi
štice rose.
Stamattina presto
ho visto
la luna,
bella come
un sole,
che moriva
col nuovo giorno.
I tuoi occhi
neri,
intanto,
nascevano
sul mio
cuore,
come due
gocce di rugiada.

Vrima
Il tempo
Vrima biži
ustri prsti,
kana voda
do baluniča,
kada dita,
glavučara
uhitahu
s rukami.
Il tempo fugge via
tra le dita,
come l’acqua
del ruscello,
quando da bambino,
prendevo
i girini
con le mani.

Ja bi tija
Vorrei
Ja bi tija
ka ti maša
ostat za sfedni:
dobra, kana na mrvica kruha,
čista, kana na štica vode,
živa, kana na sima ka niča.
Io vorrei
che tu
rimanessi per sempre:
buona, come una mollica di pane,
limpida, come una goccia d'acqua,
viva, come un seme che nasce.

Lastavice
Le farfalle
Kada bihu dita,
sa mblidahu
ka vrima
nimaša
prokj maj.

Sa mislim,
ka je proša
naka vre,
ka sa jima
vrima,
sama za uhitit
glavučara

lastavice.

Quando ero bambino,
pensavo
che il tempo
non passasse
mai.

Ora penso
che č passato
cosě in fretta
che ho avuto
solo il tempo,
di prendere
i girini
e
le farfalle.

Pas babin
L'arcobaleno
Oča crne
zgora
moga srca.

Oča crne
utra
moju glavu.

Oča crne
krajam
moje duše .

Vilja
hi nosu
naduga.

Vitar do kurine
hi nosi
na nebu
zgora
pas babina.

Daž do spuži
hi nosi
jopa
zgora kaše.

Occhi neri
sul
mio cuore.

Occhi neri
dentro
la mia testa.

Occhi neri
vicino
la mia anima.

I folletti
li portano
lontano.

Il vento di libeccio
li porta
nel cielo
sopra
l'arcobaleno.

La pioggerellina
li porta
di nuovo
sulla terra.

Zvizde
Le stelle
Koju votu
do bonoču
jiskodam vana
za gledat
zvizde.

Hi vidim
na visoka na nebu,
a mislim,
kaka jesu naduga
do nasa.

Mi ničama,
živima,
umirama,
a hi ne vidima
tuna.

Koja još
ma niknit,
koja druga,
još ma bijat
njevu sfiču
ma-dol.

Qualche volta
di notte
esco fuori
per vedere
le stelle.

Le vedo
alte nel cielo,
e penso,
come sono lontane
da noi.

Noi nasciamo,
viviamo,
moriamo,
e non le vediamo
tutte.

Qualcuna ancora
deve nascere,
qualcun'altra
deve ancora mandare
la sua luce
quaggiů.

Si
Se
Si ja bihu mblad
kaka ti jesi mblada,
mahu sama kleknit
napri moje duše,
a mahu nabrat
tuna sfikja
ka vidim
utra tvoje
oča crne.
Se io fossi giovane
come tu sei giovane,
dovrei solo inginocchiarmi
davanti alla mia anima,
e dovrei raccogliere
tutti i fiori
che vedo
dentro i tuoi
occhi neri.

Bog
Dio
Bog
je
kana
vitar.

Kada
puša
je
sfud.

Dio
č
come
il vento.

Quando
soffia
č
ovunque.

Vitar
Il vento
Pervu votu,
sa ju vidija
ustri drugihi,
gledaša aš slušaša.

Slušaša vitar
ka ju nosaša
ove tri riče:
«kaka jesi lipa».

La prima volta,
l'ho vista
in mezzo agli altri,
guardava ed ascoltava.

Ascoltava il vento
che le portava
queste tre parole:
«come sei bella».

Štica
Goccia
Jena štica vode.
Pušaša vitar.
Je pala do rice.
Mor je ju vrga
s drugimi.
Una goccia d'acqua.
Soffiava il vento.
E' caduta dalla rete.
Il mare l'ha messa
con le altre.

Burga
Il Borgo
U burgu sa niknija,
sa sluša prve riče,
sa čija prve pasa,
sa sa šalija.
Tuna ma posnajahu,
tuna ma hočahu dobra.
Celjade jiz burge bihu brižne,
ma bihu moje čeljade.
Sa nija hi več.
Kada hi hočam vit
grem još u burgu.
Vidim njifoge hiže
a hi mislim
kaka bihu napri vrati
kada mi gorivahu:
“Linuč di greš?
Mama Rena nija je
je pola van ».
Palaka, palaka,
sa vračam naza
di škrila tuna.
Nel borgo sono nato,
ho sentito le prime parole,
ho fatto i primi passi,
ho giocato.
Tutti mi conoscevano,
tutti mi volevano bene.
La gente del borgo era povera,
ma era la mia gente.
Ora non ci sono piů.
Quando voglio vederli
vado ancora nel borgo.
Vedo le loro case
e li penso
quando erano davanti la porta
e mi dicevano:
“Linuc dove vai?
Nonna Rena non c’č
č andata in campagna”.
Piano, piano,
me ne torno indietro
alla “škrila tuna”.

Na-našu
«Na-našu»
Je si ga poša
vrima do jene vote,
kada jiskodahu
vana na kjacu
a tuna mi gorivahu
na-našu «di greš?».
Oni mbladi aš oni stari,
oni bogati aš oni brižni,
oni ka umaša lejit aš pisat,
aš oni ka ne umaša.
Sa su ostal mala,
one ka ti govaraju još:
«di si poša?».
Se n'č andato
il tempo di una volta,
quando uscivo fuori
in piazza
e tutti mi dicevano
in na-našu «dove vai?».
Il giovane e il vecchio,
il ricco e il povero,
quello che sapeva leggere e scrivere
e quello che non sapeva farlo.
Ora sono rimasti in pochi,
quelli che ti dicono ancora:
«dove sei andato?».

Još na-našu
Ancora «na-našu»
Je proša vrima
do jene vote,
kada sa ustavahu
jistru rana
za pokj po gradu.
Di škrila tuna
sidahu one do
portuna velkoga.
Do Rišt ma pitaša:
«glava tvrda di maš po?»
«mam pokj sa šalit».
Sa nikor več
ta pita na-našu.
Ti gorivaju sama:
«dove vai?»
Mi greda gulija
za mučat,
za ne rispunit.
E' passato il tempo
di una volta,
quando mi alzavo
la mattina presto
per andare in giro per il paese.
Alla «škrila tuna»
stavano seduti quelli
del portone grande.
Do Rišt mi chiedeva:
«testa dura dove devi andare?»
«devo andare a giocare».
Ora nessuno piů
ti chiede in na-našu.
Ti dicono soltanto:
«dove vai?»
Mi viene voglia
di tacere,
di non rispondere.

Lipa
Bella
Gledam zvizde
a ta vidim,
kana si biša
pervu votu.

Gledam misačin
a ta vidim,
kana si biša
nazanju votu.

Gledam sundzu
a ta vidim,
kana sfedni si bila
a sfedni čas bit.

Lipa.

Guardo le stelle
e ti vedo,
come se fosse
la prima volta.

Guardo la luna
e ti vedo,
come se fosse
l'ultima volta.

Guardo il sole
e ti vedo,
come sei sempre stata
e sempre sarai.

Bella.